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Codice deontologico degli avvocati

CODICE DEONTOLOGICO FORENSE
Approvato dal Consiglio Nazionale Forense nella seduta del 17 aprile 1997
con le modifiche introdotte il 16 ottobre 1999, il 26 ottobre 2002 ed il 27 gennaio 2006

PREAMBOLO
L’avvocato esercita la propria attività in piena libertà, autonomia ed indipendenza, per tutelare i
diritti e gli interessi della persona, assicurando la conoscenza delle leggi e contribuendo in tal
modo all’attuazione dell’ordinamento per i fini della giustizia.
Nell’esercizio della sua funzione, l’avvocato vigila sulla conformità delle leggi ai principi della
Costituzione, nel rispetto della Convenzione per la salvaguardia dei diritti umani e dell’Ordinamento
comunitario; garantisce il diritto alla libertà e sicurezza e l’inviolabilità della difesa; assicura la
regolarità del giudizio e del contraddittorio.
Le norme deontologiche sono essenziali per la realizzazione e la tutela di questi valori.


TITOLO I
PRINCIPI GENERALI

ART. 1. - Ambito di applicazione. – Le norme deontologiche si applicano a tutti gli avvocati e
praticanti nella loro attività, nei loro reciproci rapporti e nei confronti dei terzi.

ART. 2. - Potestà disciplinare. – Spetta agli organi disciplinari la potestà di infliggere le sanzioni
adeguate e proporzionate alla violazione delle norme deontologiche.
Le sanzioni devono essere adeguate alla gravità dei fatti e devono tener conto della
reiterazione dei comportamenti nonché delle specifiche circostanze, soggettive e oggettive,
che hanno concorso a determinare l’infrazione.

ART. 3. - Volontarietà dell’azione. – La responsabilità disciplinare discende dalla inosservanza
dei doveri e dalla volontarietà della condotta, anche se omissiva.
Oggetto di valutazione è il comportamento complessivo dell’incolpato.
Quando siano mossi vari addebiti nell’ambito di uno stesso procedimento la sanzione deve essere
unica.

ART. 4. - Attività all’estero e attività in Italia dello straniero. – Nell’esercizio di attività
professionali all’estero, che siano consentite dalle disposizioni in vigore, l’avvocato italiano è tenuto
al rispetto delle norme deontologiche del paese in cui viene svolta l’attività.
Del pari l’avvocato straniero, nell’esercizio dell’attività professionale in Italia, quando questa sia
consentita, è tenuto al rispetto delle norme deontologiche italiane.

ART. 5. - Doveri di probità, dignità e decoro. – L’avvocato deve ispirare la propria condotta
all’osservanza dei doveri di probità, dignità e decoro.
I. Deve essere sottoposto a procedimento disciplinare l’avvocato cui sia imputabile un
comportamento non colposo che abbia violato la legge penale, salva ogni autonoma
valutazione sul fatto commesso.
II. L’avvocato è soggetto a procedimento disciplinare per fatti anche non riguardanti
l’attività forense quando si riflettano sulla sua reputazione professionale o
compromettano l’immagine della classe forense.
III. L’avvocato che sia indagato o imputato in un procedimento penale non può assumere o
mantenere la difesa di altra parte nello stesso procedimento.

ART. 6. - Doveri di lealtà e correttezza. – L’avvocato deve svolgere la propria attività
professionale con lealtà e correttezza.
I. L’avvocato non deve proporre azioni o assumere iniziative in giudizio con mala fede o colpa
grave.

ART. 7. - Dovere di fedeltà. – È dovere dell’avvocato svolgere con fedeltà la propria attività
professionale.
I. Costituisce infrazione disciplinare il comportamento dell’avvocato che compia
consapevolmente atti contrari all’interesse del proprio assistito.
II. L’avvocato deve esercitare la sua attività anche nel rispetto dei doveri che la sua funzione
gli impone verso la collettività per la salvaguardia dei diritti dell’uomo nei confronti dello
Stato e di ogni altro potere.

ART. 8. - Dovere di diligenza. – L’avvocato deve adempiere i propri doveri professionali con
diligenza.

ART. 9. - Dovere di segretezza e riservatezza. – È dovere, oltreché diritto, primario e
fondamentale dell’avvocato mantenere il segreto sull’attività prestata e su tutte le informazioni che
siano a lui fornite dalla parte assistita o di cui sia venuto a conoscenza in dipendenza del mandato.
I. L’avvocato è tenuto al dovere di segretezza e riservatezza anche nei confronti degli
ex-clienti, sia per l’attività giudiziale che per l’attività stragiudiziale.
II. La segretezza deve essere rispettata anche nei confronti di colui che si rivolga all’avvocato
per chiedere assistenza senza che il mandato sia accettato.
III. L’avvocato è tenuto a richiedere il rispetto del segreto professionale anche ai propri
collaboratori e dipendenti e a tutte le persone che cooperano nello svolgimento dell’attività
professionale.
IV. Costituiscono eccezione alla regola generale i casi in cui la divulgazione di alcune
informazioni relative alla parte assistita sia necessaria:
a. per lo svolgimento delle attività di difesa;
b. al fine di impedire la commissione da parte dello stesso assistito di un reato di
particolare gravità;
c. al fine di allegare circostanze di fatto in una controversia tra avvocato e assistito;
d. in un procedimento concernente le modalità della difesa degli interessi dell’assistito.
In ogni caso la divulgazione dovrà essere limitata a quanto strettamente necessario per il fine
tutelato.

ART. 10. - Dovere di indipendenza. – Nell’esercizio dell’attività professionale l’avvocato ha il
dovere di conservare la propria indipendenza e difendere la propria libertà da pressioni o
condizionamenti esterni.
I. L’avvocato non deve tener conto di interessi riguardanti la propria sfera personale.
II. Costituisce infrazione disciplinare il comportamento dell’avvocato che stipuli con soggetti
che esercitano il recupero crediti per conto terzi patti attinenti a detta attività.

ART. 11. - Dovere di difesa. – L’avvocato deve prestare la propria attività difensiva anche
quando ne sia richiesto dagli organi giudiziari in base alle leggi vigenti.
I. L’avvocato che venga nominato difensore d’ufficio deve, quando ciò sia possibile,
comunicare all’assistito che ha facoltà di scegliersi un difensore di fiducia, e deve
informarlo, ove intenda richiedere un compenso, che anche il difensore d’ufficio deve
essere retribuito a norma di legge.
II. Costituisce infrazione disciplinare il rifiuto ingiustificato di prestare attività di gratuito
patrocinio o la richiesta all’assistito di un compenso per la prestazione di tale attività.

ART. 12. - Dovere di competenza. – L’avvocato non deve accettare incarichi che sappia di non
poter svolgere con adeguata competenza.
I. L’avvocato deve comunicare all’assistito le circostanze impeditive alla prestazione
dell’attività richiesta, valutando, per il caso di controversie di particolare impegno e
complessità, l’opportunità della integrazione della difesa con altro collega.
II. L’accettazione di un determinato incarico professionale fa presumere la competenza a
svolgere quell’incarico.

ART. 13. - Dovere di aggiornamento professionale. – E’ dovere dell’avvocato curare
costantemente la propria preparazione professionale, conservando e accrescendo le conoscenze
con particolare riferimento ai settori nei quali svolga l’attività.
I. L’avvocato realizza la propria formazione permanente con lo studio individuale e la
partecipazione a iniziative culturali in campo giuridico e forense.
II. E’ dovere deontologico dell’avvocato quello di rispettare i regolamenti del Consiglio
Nazionale Forense e del Consiglio dell’ordine di appartenenza concernenti gli obblighi e i
programmi formativi.

ART. 14. - Dovere di verità. – Le dichiarazioni in giudizio relative alla esistenza o inesistenza di
fatti obiettivi, che siano presupposto specifico per un provvedimento del magistrato, e di cui
l’avvocato abbia diretta conoscenza, devono essere vere e comunque tali da non indurre il giudice
in errore.
I. L’avvocato non può introdurre intenzionalmente nel processo prove false. In particolare, il
difensore non può assumere a verbale né introdurre dichiarazioni di persone informate sui
fatti che sappia essere false.
II. L’avvocato è tenuto a menzionare i provvedimenti già ottenuti o il rigetto dei
provvedimento richiesti, nella presentazione di istanze o richieste sul presupposto della
medesima situazione di fatto.

ART. 15. - Dovere di adempimento previdenziale e fiscale. – L’avvocato deve provvedere
regolarmente e tempestivamente agli adempimenti dovuti agli organi forensi nonché agli
adempimenti previdenziali e fiscali a suo carico, secondo le norme vigenti.

ART. 16. - Dovere di evitare incompatibilità. E’ dovere dell’avvocato evitare situazioni di
incompatibilità ostative alla permanenza nell’albo, e, comunque nel dubbio, richiedere il parere del
proprio Consiglio dell’ordine.
I. L’avvocato non deve porre in essere attività commerciale o di mediazione.
II. Costituisce infrazione disciplinare l’avere richiesto l’iscrizione all’albo in pendenza di cause di
incompatibilità, non dichiarate, ancorché queste siano venute meno.

ART. 17. - Informazioni sull’attività professionale. – L’avvocato può dare informazioni sulla
propria attività professionale.
Il contenuto e la forma dell’informazione devono essere coerenti con la finalità della tutela
dell’affidamento della collettività.
Quanto al contenuto, l’informazione deve essere conforme a verità e correttezza e non può avere
ad oggetto notizie riservate o coperte dal segreto professionale. L’avvocato non può rivelare al
pubblico il nome dei propri clienti, ancorché questi vi consentano.
Quanto alla forma e alle modalità, l’informazione deve rispettare la dignità e il decoro della
professione.
In ogni caso, l’informazione non deve assumere i connotati della pubblicità ingannevole, elogiativa,
comparativa.
I. Sono consentite, a fini non lucrativi, l’organizzazione e la sponsorizzazione di seminari di
studio, di corsi di formazione professionale e di convegni in discipline attinenti alla
professione forense da parte di avvocati o di società o di associazioni di avvocati, previa
approvazione del Consiglio dell’ordine del luogo di svolgimento dell’evento.
II. E’ vietato offrire, sia direttamente che per interposta persona, le proprie prestazioni
professionali al domicilio degli utenti, nei luoghi di lavoro, di riposo, di svago e, in generale,
in luoghi pubblici o aperti al pubblico.
III. E’ altresì vietato all’avvocato offrire, senza esserne richiesto, una prestazione personalizzata
e, cioè, rivolta a una persona determinata per un specifico affare.
IV. E’ consentita l’indicazione del nome di un avvocato defunto, che abbia fatto parte dello
studio, purché il professionista a suo tempo lo abbia espressamente previsto o abbia
disposto per testamento in tal senso, ovvero vi sia il consenso unanime dei suoi eredi.

ART. 17 bis - Mezzi di informazione consentiti - L’avvocato può dare informazioni sulla
propria attività professionale utilizzando esclusivamente i seguenti mezzi:
1) la carta da lettera, i biglietti da visita e le brochures informative, previa, per queste
ultime, approvazione del Consiglio dell’ordine dove lo studio ha la sede principale.
In essi devono essere indicati:
•) la denominazione dello studio, con la indicazione dei nominativi dei professionisti
che lo compongono qualora l’esercizio della professione sia svolto in forma associata o
societaria;
•) il Consiglio dell’ordine presso il quale è iscritto ciascuno dei componenti lo studio;
•) la sede principale di esercizio, le eventuali sedi secondarie ed i recapiti, con
l’indicazione di indirizzo, numeri telefonici, fax, e-mail e del sito web, se attivato.
Possono essere indicati soltanto:
•) i titoli accademici;
•) i diplomi di specializzazione conseguiti presso gli istituti universitari;
•) l’abilitazione a esercitare avanti alle giurisdizioni superiori;
•) il titolo professionale che consente all’avvocato straniero l’esercizio in Italia, o che
consenta all’avvocato italiano l’esercizio all’estero, della professione di avvocato in
conformità delle direttive comunitarie;
•) i settori di esercizio dell’attività professionale (civile, penale, amministrativo,
tributario) e, nell’ambito di questi, eventuali materie di attività prevalente, con il limite
di non più di tre materie;
•) le lingue conosciute;
•) il logo dello studio;
•) gli estremi della polizza assicurativa per la responsabilità professionale;
•) l’eventuale certificazione di qualità dello studio (l’avvocato che intenda fare menzione
di una certificazione di qualità deve depositare presso il Consiglio dell’Ordine il
giustificativo della certificazione in corso di validità e l’indicazione completa del
certificatore e del campo di applicazione della certificazione ufficialmente riconosciuta
dallo Stato).
2) le targhe, di dimensioni ragionevoli, poste all’ingresso dell’immobile ove è ubicato lo
studio dell’avvocato e presso la porta di accesso allo studio, con la sola indicazione della
presenza dello studio legale, dei professionisti che lo compongono e della sua
collocazione all’interno dello stabile;
3) gli annuari professionali, le rubriche telefoniche, le riviste e le pubblicazioni in materie
giuridiche;
4) i siti web con domini propri e direttamente riconducibili all’avvocato, allo studio legale
associato, alla società di avvocati sui quali gli stessi operano una completa gestione dei
contenuti e previa comunicazione al Consiglio dell’ordine di appartenenza. Nel sito deve
essere riportata l’indicazione del responsabile nonché i dati previsti dall’art. 17 e dal
punto 1) dell’art. 17 bis.
Il sito non può contenere riferimenti commerciali e pubblicitari mediante l’indicazione
diretta o tramite banner o pop-up di alcun tipo.
Possono essere indicati i dati consentiti per i mezzi previsti al precedente paragrafo 1).

ART. 18. - Rapporti con la stampa. – Nei rapporti con la stampa e con gli altri mezzi di
diffusione l’avvocato deve ispirarsi a criteri di equilibrio e misura nel rilasciare interviste, per il
rispetto dei doveri di discrezione e riservatezza.
I. Il difensore, con il consenso del proprio assistito e nell’esclusivo interesse dello stesso, può
fornire agli organi di informazione e di stampa notizie che non siano coperte dal segreto di
indagine.
II. In ogni caso, nei rapporti con gli organi di informazione e con gli altri mezzi di diffusione, è
fatto divieto all’avvocato di enfatizzare la propria capacità professionale, di spendere il
nome dei propri clienti, di sollecitare articoli di stampa o interviste sia su organi di
informazione sia su altri mezzi di diffusione; è fatto divieto altresì di convocare conferenze
stampa fatte salve le esigenze di difesa del cliente.
III. E’ consentito all’avvocato, previo parere favorevole del Consiglio dell’ordine di
appartenenza, di tenere o curare rubriche fisse su organi di stampa con l’indicazione del
proprio nome e di partecipare a rubriche fisse televisive o radiofoniche.

ART. 19. - Divieto di accaparramento di clientela. – È vietata l’offerta di prestazioni professionali a
terzi e in genere ogni attività diretta all’acquisizione di rapporti di clientela, a mezzo di agenzie o
procacciatori o altri mezzi illeciti.
I. L’avvocato non deve corrispondere ad un collega, o ad un altro soggetto, un onorario, una
provvigione o qualsiasi altro compenso quale corrispettivo per la presentazione di un
cliente.
II. Costituisce infrazione disciplinare l’offerta di omaggi o di prestazioni a terzi ovvero la
corresponsione o la promessa di vantaggi per ottenere difese o incarichi.

ART. 20. - Divieto di uso di espressioni sconvenienti od offensive. – Indipendentemente
dalle disposizioni civili e penali, l’avvocato deve evitare di usare espressioni sconvenienti od
offensive negli scritti in giudizio e nell’attività professionale in genere, sia nei confronti dei colleghi
che nei confronti dei magistrati, delle controparti e dei terzi.
I. La ritorsione o la provocazione o la reciprocità delle offese non escludono l’infrazione della
regola deontologica.

ART. 21. - Divieto di attività professionale senza titolo o di uso di titoli inesistenti. –
L’iscrizione all’albo costituisce presupposto per l’esercizio dell’attività giudiziale e stragiudiziale di
assistenza e consulenza in materia legale e per l’utilizzo del relativo titolo.
I. Costituisce illecito disciplinare l’uso di un titolo professionale non conseguito ovvero lo
svolgimento di attività in mancanza di titolo o in periodo di sospensione.
II. Costituisce altresì illecito disciplinare il comportamento dell’avvocato che agevoli, o, in
qualsiasi altro modo diretto o indiretto, renda possibile a soggetti non abilitati o sospesi
l’esercizio abusivo dell’attività di avvocato o consenta che tali soggetti ne possano ricavare
benefici economici, anche se limitatamente al periodo di eventuale sospensione
dall’esercizio.
III. L’avvocato può utilizzare il titolo accademico di professore solo se sia docente universitario
di materie giuridiche. In ogni caso dovrà specificare la qualifica, la materia di insegnamento
e la facoltà.
IV. L’iscritto nel registro dei praticanti avvocati può usare esclusivamente e per esteso il titolo
di “praticante avvocato”, con l’eventuale indicazione di “abilitato al patrocinio” qualora
abbia conseguito tale abilitazione.

TITOLO II
RAPPORTI CON I COLLEGHI

ART. 22. - Rapporto di colleganza. – L’avvocato deve mantenere sempre nei confronti dei
colleghi un comportamento ispirato a correttezza e lealtà.
I. L’avvocato che collabori con altro collega è tenuto a rispondere con sollecitudine alle sue
richieste di informativa.
II. L’avvocato che intenda promuovere un giudizio nei confronti di un collega per fatti attinenti
all’esercizio della professione deve dargliene preventiva comunicazione per iscritto, tranne
che l’avviso possa pregiudicare il diritto da tutelare.
III. L’avvocato non può registrare una conversazione telefonica con il collega. La registrazione,
nel corso di una riunione, è consentita soltanto con il consenso di tutti i presenti.

ART. 23. - Rapporto di colleganza e dovere di difesa nel processo. – Nell’attività giudiziale
l’avvocato deve ispirare la propria condotta all’osservanza del dovere di difesa, salvaguardando in
quanto possibile il rapporto di colleganza.
I. L’avvocato è tenuto a rispettare la puntualità alle udienze e in ogni altra occasione di
incontro con i colleghi.
II. L’avvocato deve opporsi a qualunque istanza, irrituale o ingiustificata, formulata nel
processo dalle controparti che comporti pregiudizio per la parte assistita.
III. Il difensore, che riceva l’incarico di fiducia dall’imputato, è tenuto a comunicare
tempestivamente con mezzi idonei al collega, già nominato d’ufficio, il mandato ricevuto e,
senza pregiudizio per il diritto di difesa, deve raccomandare alla parte di provvedere al
pagamento di quanto è dovuto al difensore d’ufficio per l’attività professionale
eventualmente già svolta.
IV. Nell’esercizio del mandato l’avvocato può collaborare con i difensori delle altre parti, anche
scambiando informazioni, atti e documenti, nell’interesse della parte assistita e nel rispetto
della legge.
V. Nei casi di difesa congiunta, è dovere del difensore consultare il co-difensore in ordine ad
ogni scelta processuale ed informarlo del contenuto dei colloqui con il comune assistito, al
fine della effettiva condivisione della strategia processuale.
VI. L’interruzione delle trattative stragiudiziali, nella prospettiva di dare inizio ad azioni
giudiziarie, deve essere comunicata al collega avversario.
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ART. 24. - Rapporti con il Consiglio dell’Ordine. – L’avvocato ha il dovere di collaborare con
il Consiglio dell’Ordine di appartenenza, o con altro che ne faccia richiesta, per l’attuazione delle
finalità istituzionali osservando scrupolosamente il dovere di verità. A tal fine ogni iscritto è tenuto
a riferire al Consiglio fatti a sua conoscenza relativi alla vita forense o alla amministrazione della
giustizia, che richiedano iniziative o interventi collegiali.
I. Nell'ambito di un procedimento disciplinare, la mancata risposta dell'iscritto agli addebiti
comunicatigli e la mancata presentazione di osservazioni e difese non costituisce autonomo
illecito disciplinare, pur potendo tali comportamenti essere valutati dall'organo giudicante
nella formazione del proprio libero convincimento.
II. Qualora il Consiglio dell’Ordine richieda all’iscritto chiarimenti, notizie o adempimenti in
relazione ad un esposto presentato da una parte o da un collega tendente ad ottenere
notizie o adempimenti nell’interesse dello stesso reclamante, la mancata sollecita risposta
dell’iscritto costituisce illecito disciplinare.
III. L’avvocato chiamato a far parte del Consiglio dell’Ordine deve adempiere l’incarico con
diligenza, imparzialità e nell’interesse generale.
IV. L’avvocato ha il dovere di comunicare senza ritardo al Consiglio dell’Ordine di appartenenza
ed eventualmente a quello competente per territorio, la costituzione di associazioni o
società professionali e i successivi eventi modificativi, nonché l’apertura di studi principali,
secondari e anche recapiti professionali.

ART. 25. - Rapporti con i collaboratori dello studio. – L’avvocato deve consentire ai propri
collaboratori di migliorare la preparazione professionale, compensandone la collaborazione in
proporzione all’apporto ricevuto.

ART. 26. - Rapporti con i praticanti. – L’avvocato è tenuto verso i praticanti ad assicurare la
effettività ed a favorire la proficuità della pratica forense al fine di consentire un’adeguata
formazione.
I. L’avvocato deve fornire al praticante un adeguato ambiente di lavoro, riconoscendo allo
stesso, dopo un periodo iniziale, un compenso proporzionato all’apporto professionale
ricevuto.
II. L’avvocato deve attestare la veridicità delle annotazioni contenute nel libretto di pratica
solo in seguito ad un adeguato controllo e senza indulgere a motivi di favore o di amicizia.
III. È responsabile disciplinarmente l’avvocato che dia incarico ai praticanti di svolgere attività
difensiva non consentita.

ART. 27. - Obbligo di corrispondere con il collega. – L’avvocato non può mettersi in
contatto diretto con la controparte che sia assistita da altro legale.
I. Soltanto in casi particolari, per richiedere determinati comportamenti o intimare messe in
mora od evitare prescrizioni o decadenze, la corrispondenza può essere indirizzata
direttamente alla controparte, sempre peraltro inviandone copia per conoscenza al legale
avversario.
II. Costituisce illecito disciplinare il comportamento dell’avvocato che accetti di ricevere la
controparte, sapendo che essa è assistita da un collega, senza informare quest’ultimo e
ottenerne il consenso.

ART. 28. - Divieto di produrre la corrispondenza scambiata con il collega. – Non possono
essere prodotte o riferite in giudizio le lettere qualificate riservate e comunque la corrispondenza
contenente proposte transattive scambiate con i colleghi.
I. E’ producibile la corrispondenza intercorsa tra colleghi quando sia stato perfezionato un
accordo, di cui la stessa corrispondenza costituisca attuazione.
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II. E’ producibile la corrispondenza dell’avvocato che assicuri l’adempimento delle prestazioni
richieste.
III. L’avvocato non deve consegnare all’assistito la corrispondenza riservata tra colleghi, ma
può, qualora venga meno il mandato professionale, consegnarla al professionista che gli
succede, il quale è tenuto ad osservare i medesimi criteri di riservatezza.

ART. 29. - Notizie riguardanti il collega – L’esibizione in giudizio di documenti relativi alla
posizione personale del collega avversario e l’utilizzazione di notizie relative alla sua persona sono
vietate, salvo che egli sia parte di un giudizio e che l’uso di tali notizie sia necessario alla tutela di
un diritto.
I. L’avvocato deve astenersi dall’esprimere apprezzamenti denigratori sull’attività
professionale di un collega.

ART. 30. - Obbligo di soddisfare le prestazioni affidate ad altro collega. – L’avvocato che
scelga e incarichi direttamente altro collega di esercitare le funzioni di rappresentanza o assistenza
deve provvedere a retribuirlo, ove non adempia la parte assistita, tranne che dimostri di essersi
inutilmente attivato, anche postergando il proprio credito, per ottenere l’adempimento.

ART. 31. - Obbligo di dare istruzioni al collega e obbligo di informativa. – L’avvocato è
tenuto a dare tempestive istruzioni al collega corrispondente. Quest’ultimo, del pari, è tenuto a
dare tempestivamente al collega informazioni dettagliate sull’attività svolta e da svolgere.
I. L’elezione di domicilio presso altro collega deve essere preventivamente comunicata e
consentita.
II. È fatto divieto all’avvocato corrispondente di definire direttamente una controversia, in via
transattiva, senza informare il collega che gli ha affidato l’incarico.
III. L’avvocato corrispondente, in difetto di istruzioni, deve adoperarsi nel modo più opportuno
per la tutela degli interessi della parte, informando non appena possibile il collega che gli
ha affidato l’incarico.

ART. 32. - Divieto di impugnazione della transazione raggiunta con il collega. –
L’avvocato che abbia raggiunto con il patrono avversario un accordo transattivo accettato dalle
parti deve astenersi dal proporre impugnativa giudiziale della transazione intervenuta, salvo che
l’impugnazione sia giustificata da fatti particolari non conosciuti o sopravvenuti.

ART. 33. - Sostituzione del collega nell’attività di difesa. – Nel caso di sostituzione di un
collega nel corso di un giudizio, per revoca dell’incarico o rinuncia, il nuovo legale dovrà rendere
nota la propria nomina al collega sostituito, adoperandosi, senza pregiudizio per l’attività difensiva,
perché siano soddisfatte le legittime richieste per le prestazioni svolte.
I. L’avvocato sostituito deve adoperarsi affinché la successione nel mandato avvenga senza
danni per l’assistito, fornendo al nuovo difensore tutti gli elementi per facilitargli la
prosecuzione della difesa.

ART. 34. - Responsabilità dei collaboratori, sostituti e associati. – Salvo che il fatto integri
un’autonoma responsabilità, i collaboratori, sostituti e ausiliari non sono disciplinarmente
responsabili per il compimento di atti per incarichi specifici ricevuti.
I. Nel caso di associazione professionale, è disciplinarmente responsabile soltanto l’avvocato o
gli avvocati a cui si riferiscano i fatti specifici commessi.

TITOLO III
RAPPORTI CON LA PARTE ASSISTITA

ART. 35. - Rapporto di fiducia. – Il rapporto con la parte assistita è fondato sulla fiducia.
I. L’incarico deve essere conferito dalla parte assistita o da altro avvocato che la difenda.
Qualora sia conferito da un terzo, che intenda tutelare l’interesse della parte assistita
ovvero anche un proprio interesse, l’incarico può essere accettato soltanto con il consenso
della parte assistita.
II. L’avvocato deve astenersi, dopo il conferimento del mandato, dallo stabilire con l’assistito
rapporti di natura economica, patrimoniale o commerciale che in qualunque modo possano
influire sul rapporto professionale.

ART. 36. - Autonomia del rapporto. – L’avvocato ha l’obbligo di difendere gli interessi della
parte assistita nel miglior modo possibile nei limiti del mandato e nell’osservanza della legge e dei
principi deontologici.
I. L’avvocato non deve consapevolmente consigliare azioni inutilmente gravose, né suggerire
comportamenti, atti o negozi illeciti, fraudolenti o colpiti da nullità.
II. L’avvocato, prima di accettare l’incarico, deve accertare l’identità del cliente e dell’eventuale
suo rappresentante.
III. In ogni caso, nel rispetto dei doveri professionali anche per quanto attiene al segreto,
l’avvocato deve rifiutare di ricevere o gestire fondi che non siano riferibili a un cliente
esattamente individuato.
IV. L’avvocato deve rifiutare di prestare la propria attività quando dagli elementi conosciuti
possa fondatamente desumere che essa sia finalizzata alla realizzazione di una operazione
illecita.

ART. 37. - Conflitto di interessi. – L’avvocato ha l’obbligo di astenersi dal prestare attività
professionale quando questa determini un conflitto con gli interessi di un proprio assistito o
interferisca con lo svolgimento di altro incarico anche non professionale.
I. Sussiste conflitto di interessi anche nel caso in cui l’espletamento di un nuovo mandato
determini la violazione del segreto sulle informazioni fornite da altro assistito, ovvero
quando la conoscenza degli affari di una parte possa avvantaggiare ingiustamente un altro
assistito, ovvero quando lo svolgimento di un precedente mandato limiti l’indipendenza
dell’avvocato nello svolgimento di un nuovo incarico.
II. L’obbligo di astensione opera altresì se le parti aventi interessi confliggenti si rivolgano ad
avvocati che siano partecipi di una stessa società di avvocati o associazione professionale
o che esercitino negli stessi locali.

ART. 38. - Inadempimento al mandato. – Costituisce violazione dei doveri professionali, il
mancato, ritardato o negligente compimento di atti inerenti al mandato quando derivi da non
scusabile e rilevante trascuratezza degli interessi della parte assistita.
I. Il difensore d’ufficio deve assolvere l’incarico con diligenza e sollecitudine; ove sia impedito
di partecipare a singole attività processuali deve darne tempestiva e motivata
comunicazione all’autorità procedente ovvero incaricare della difesa un collega, il quale, ove
accetti, è responsabile dell’adempimento dell’incarico.

ART. 39. - Astensione dalle udienze. – L’avvocato ha diritto di partecipare alla astensione dalle
udienze proclamata dagli organi forensi in conformità con le disposizioni del codice di
autoregolamentazione e delle norme in vigore.
I. L’avvocato che eserciti il proprio diritto di non aderire alla astensione deve informare
preventivamente gli altri difensori costituiti.
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II. Non è consentito aderire o dissociarsi dalla proclamata astensione a seconda delle proprie
contingenti convenienze. L’avvocato che aderisca all’astensione non può dissociarsene con
riferimento a singole giornate o a proprie specifiche attività, così come l’avvocato che se ne
dissoci non può aderirvi parzialmente, in certi giorni o per particolari proprie attività
professionali.

ART. 40. - Obbligo di informazione. – L’avvocato è tenuto ad informare chiaramente il proprio
assistito all’atto dell’incarico delle caratteristiche e dell’importanza della controversia o delle attività
da espletare, precisando le iniziative e le ipotesi di soluzione possibili. L’avvocato è tenuto altresì
ad informare il proprio assistito sullo svolgimento del mandato affidatogli, quando lo reputi
opportuno e ogni qualvolta l’assistito ne faccia richiesta.
I. Se richiesto, è obbligo dell’avvocato informare la parte assistita sulle previsioni di massima
inerenti alla durata e ai costi presumibili del processo.
II. E’ obbligo dell’avvocato comunicare alla parte assistita la necessità del compimento di
determinanti atti al fine di evitare prescrizioni, decadenze o altri effetti pregiudizievoli
relativamente agli incarichi in corso di trattazione.
III. Il difensore ha l’obbligo di riferire al proprio assistito il contenuto di quanto appreso
nell’esercizio del mandato se utile all’interesse di questi.

ART. 41. - Gestione di denaro altrui. – L’avvocato deve comportarsi con puntualità e diligenza
nella gestione del denaro ricevuto dal proprio assistito o da terzi per determinati affari ovvero
ricevuto per conto della parte assistita, ed ha l’obbligo di renderne sollecitamente conto.
I. Costituisce infrazione disciplinare trattenere oltre il tempo strettamente necessario le
somme ricevute per conto della parte assistita.
II. In caso di deposito fiduciario l’avvocato è obbligato a richiedere istruzioni scritte e ad
attenervisi.

ART. 42. - Restituzione di documenti. – L’avvocato è in ogni caso obbligato a restituire senza
ritardo alla parte assistita la documentazione dalla stessa ricevuta per l’espletamento del mandato
quando questa ne faccia richiesta.
I. L’avvocato può trattenere copia della documentazione, senza il consenso della parte
assistita, solo quando ciò sia necessario ai fini della liquidazione del compenso e non oltre
l’avvenuto pagamento.

ART. 43. - Richiesta di pagamento. – Durante lo svolgimento del rapporto professionale
l’avvocato può chiedere la corresponsione di anticipi ragguagliati alle spese sostenute ed a quelle
prevedibili e di acconti sulle prestazioni professionali, commisurati alla quantità e complessità delle
prestazioni richieste per lo svolgimento dell’incarico.
I. L’avvocato deve tenere la contabilità delle spese sostenute e degli acconti ricevuti ed è
tenuto a consegnare, a richiesta del cliente, la nota dettagliata delle somme anticipate e
delle spese sostenute per le prestazioni eseguite e degli onorari per le prestazioni svolte.
II. L’avvocato non deve richiedere compensi manifestamente sproporzionati all’attività svolta.
III. L’avvocato non può richiedere un compenso maggiore di quello già indicato, in caso di
mancato spontaneo pagamento, salvo che ne abbia fatto espressa riserva.
IV. L’avvocato non può condizionare al riconoscimento dei propri diritti o all’adempimento di
prestazioni professionali il versamento alla parte assistita delle somme riscosse per conto di
questa.
V. E’ consentito all’avvocato concordare onorari forfettari per le prestazioni continuative solo
in caso di consulenza e assistenza stragiudiziale, purché siano proporzionali al prevedibile
impegno.
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ART. 44. - Compensazione. – L’avvocato ha diritto di trattenere le somme che gli siano
pervenute dalla parte assistita o da terzi a rimborso delle spese sostenute, dandone avviso al
cliente; può anche trattenere le somme ricevute, a titolo di pagamento dei propri onorari, quando
vi sia il consenso della parte assistita ovvero quando si tratti di somme liquidate in sentenza a
carico della controparte a titolo di diritti e onorari ed egli non le abbia ancora ricevute dalla parte
assistita, ovvero quando abbia già formulato una richiesta di pagamento espressamente accettata
dalla parte assistita.
I. In ogni altro caso, l’avvocato è tenuto a mettere immediatamente a disposizione della parte
assistita le somme riscosse per conto di questa.

ART. 45. - Divieto di patto di quota lite. – È vietata la pattuizione diretta ad ottenere, a titolo di
corrispettivo della prestazione professionale, una percentuale del bene controverso ovvero una
percentuale rapportata al valore della lite.
I. È consentita la pattuizione scritta di un supplemento di compenso, in aggiunta a quello
previsto, in caso di esito favorevole della lite, purché sia contenuto in limiti ragionevoli e sia
giustificato dal risultato conseguito.

ART. 46. - Azioni contro la parte assistita per il pagamento del compenso. – L’avvocato
può agire giudizialmente nei confronti della parte assistita per il pagamento delle proprie
prestazioni professionali, previa rinuncia al mandato.

ART. 47. - Rinuncia al mandato. – L’avvocato ha diritto di rinunciare al mandato.
I. In caso di rinuncia al mandato l’avvocato deve dare alla parte assistita un preavviso
adeguato alle circostanze, e deve informarla di quanto è necessario fare per non
pregiudicare la difesa.
II. Qualora la parte assistita non provveda in tempi ragionevoli alla nomina di un altro
difensore, nel rispetto degli obblighi di legge l’avvocato non è responsabile per la mancata
successiva assistenza, pur essendo tenuto ad informare la parte delle comunicazioni che
dovessero pervenirgli.
III. In caso di irreperibilità, l’avvocato deve comunicare la rinuncia al mandato con lettera
raccomandata alla parte assistita all’indirizzo anagrafico e all’ultimo domicilio conosciuto.
Con l’adempimento di tale formalità, fermi restando gli obblighi di legge, l’avvocato è
esonerato da ogni altra attività, indipendentemente dal fatto che l’assistito abbia
effettivamente ricevuto tale comunicazione.

TITOLO IV
RAPPORTI CON LA CONTROPARTE,
I MAGISTRATI E I TERZI

ART. 48. - Minaccia di azioni alla controparte. – L’intimazione fatta dall’avvocato alla
controparte tendente ad ottenere particolari adempimenti sotto comminatoria di azioni, istanze
fallimentari, denunce o altre sanzioni, è consentita quando tenda a rendere avvertita la controparte
delle possibili iniziative giudiziarie in corso o da intraprendere; è deontologicamente scorretta,
invece, tale intimazione quando siano minacciate azioni od iniziative sproporzionate o vessatorie.
I. Qualora ritenga di invitare la controparte ad un colloquio nel proprio studio, prima di
iniziare un giudizio, l’avvocato deve precisarle che può essere accompagnata da un legale
di fiducia.
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II. L’addebito alla controparte di competenze e spese per l’attività prestata in sede
stragiudiziale è ammesso, purché la richiesta di pagamento sia fatta a favore del proprio
assistito.

ART. 49. - Pluralità di azioni nei confronti della controparte. – L’avvocato non deve
aggravare con onerose o plurime iniziative giudiziali la situazione debitoria della controparte
quando ciò non corrisponda ad effettive ragioni di tutela della parte assistita.

ART. 50. - Richiesta di compenso professionale alla controparte. – È vietato richiedere alla
controparte il pagamento del proprio compenso professionale, salvo che ciò sia oggetto di specifica
pattuizione, con l’accordo del proprio assistito, e in ogni altro caso previsto dalla legge.
I. In particolare è consentito all’avvocato chiedere alla controparte il pagamento del proprio
compenso professionale nel caso di avvenuta transazione giudiziale e di inadempimento del
proprio cliente.

ART. 51. - Assunzione di incarichi contro ex-clienti. – L’assunzione di un incarico
professionale contro un ex-cliente è ammessa quando sia trascorso almeno un biennio dalla
cessazione del rapporto professionale e l’oggetto del nuovo incarico sia estraneo a quello
espletato in precedenza. In ogni caso è fatto divieto all’avvocato di utilizzare notizie acquisite in
ragione del rapporto professionale già esaurito.
I. L’avvocato che abbia assistito congiuntamente i coniugi in controversie familiari deve
astenersi dal prestare, in favore di uno di essi, la propria assistenza in controversie
successive tra i medesimi.

ART. 52. - Rapporti con i testimoni. – L’avvocato deve evitare di intrattenersi con i testimoni
sulle circostanze oggetto dei procedimento con forzature o suggestioni dirette a conseguire
deposizioni compiacenti.
I. Resta ferma la facoltà di investigazione difensiva nei modi e termini previsti dal codice di
procedura penale, e nel rispetto delle disposizioni che seguono.
1. Il difensore di fiducia e il difensore d’ufficio sono tenuti ugualmente al rispetto delle
disposizioni previste nello svolgimento delle investigazioni difensive.
2. In particolare il difensore ha il dovere di valutare la necessità o l’opportunità di
svolgere investigazioni difensive in relazione alle esigenze e agli obiettivi della difesa in
favore del proprio assistito.
3. La scelta sull’oggetto, sui modi e sulle forme delle investigazioni nonché sulla
utilizzazione dei risultati compete al difensore.
4. Quando si avvale di sostituti, collaboratori di studio, investigatori privati autorizzati
e consulenti tecnici, il difensore può fornire agli stessi tutte le informazioni e i
documenti necessari per l’espletamento dell’incarico, anche nella ipotesi di
intervenuta segretazione degli atti, raccomandando il vincolo del segreto e
l’obbligo di comunicare i risultati esclusivamente al difensore.
5. Il difensore ha il dovere di mantenere il segreto professionale sugli atti delle
investigazioni difensive e sul loro contenuto, finché non ne faccia uso nel
procedimento, salva la rivelazione per giusta causa nell’interesse del proprio assistito.
6. Il difensore ha altresì l’obbligo di conservare scrupolosamente e riservatamente la
documentazione delle investigazioni difensive per tutto il tempo ritenuto necessario o
utile per l’esercizio della difesa.
7. È fatto divieto al difensore e ai vari soggetti interessati di corrispondere compensi o
indennità sotto qualsiasi forma alle persone interpellate ai fini delle investigazioni
difensive, salva la facoltà di provvedere al rimborso delle spese documentate.
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8. Il difensore deve informare le persone interpellate ai fini delle investigazioni della
propria qualità, senza obbligo di rivelare il nome dell’assistito.
9. Il difensore deve inoltre informare le persone interpellate che, se si avvarranno della
facoltà di non rispondere, potranno essere chiamate ad una audizione davanti al
pubblico ministero ovvero a rendere un esame testimoniale davanti al giudice, ove
saranno tenute a rispondere anche alle domande del difensore.
10. Il difensore deve altresì informare le persone sottoposte a indagine o imputate nello
stesso procedimento o in altro procedimento connesso o collegato che, se si
avvarranno della facoltà di non rispondere, potranno essere chiamate a rendere esame
davanti al giudice in incidente probatorio.
11. Il difensore, quando intende compiere un accesso in un luogo privato, deve richiedere
il consenso di chi ne abbia la disponibilità, informandolo della propria qualità e della
natura dell’atto da compiere, nonché della possibilità che, ove non sia prestato il
consenso, l’atto sia autorizzato dal giudice.
12. Per conferire, chiedere dichiarazioni scritte o assumere informazioni dalla persona
offesa dal reato il difensore procede con invito scritto, previo avviso al legale della
stessa persona offesa, ove ne sia conosciuta l’esistenza. Se non risulta assistita,
nell’invito è indicata l’opportunità che comunque un legale sia consultato e intervenga
all’atto. Nel caso di persona minore, l’invito è comunicato anche a chi esercita la
potestà dei genitori, con facoltà di intervenire all’atto.
13. Il difensore, anche quando non redige un verbale, deve documentare lo stato dei
luoghi e delle cose, procurando che nulla sia mutato, alterato o disperso.
14. Il difensore ha il dovere di rispettare tutte le disposizioni fissate dalla legge e deve
comunque porre in essere le cautele idonee ad assicurare la genuinità delle
dichiarazioni.
15. Il difensore deve documentare in forma integrale le informazioni assunte. Quando è
disposta la riproduzione anche fonografica le informazioni possono essere documentate
in forma riassuntiva.
16. Il difensore non è tenuto a rilasciare copia del verbale alla persona che ha reso
informazioni né al suo difensore.

ART. 53. - Rapporti con i magistrati. – I rapporti con i magistrati devono essere improntati alla
dignità e al rispetto quali si convengono alle reciproche funzioni.
I. Salvo casi particolari, l’avvocato non può discutere del giudizio civile in corso con il giudice
incaricato del processo senza la presenza del legale avversario.
II. L’avvocato chiamato a svolgere funzioni di magistrato onorario deve rispettare tutti gli
obblighi inerenti a tali funzioni e le norme sulla incompatibilità.
III. L’avvocato non deve approfittare di eventuali rapporti di amicizia, di familiarità o di
confidenza con i magistrati per ottenere favori e preferenze. In ogni caso deve evitare di
sottolineare la natura di tali rapporti nell’esercizio del suo ministero, nei confronti o alla
presenza di terze persone.

ART. 54. - Rapporti con arbitri e consulenti tecnici. – L’avvocato deve ispirare il proprio
rapporto con arbitri e consulenti tecnici a correttezza e lealtà, nel rispetto delle reciproche funzioni.

ART. 55. - Arbitrato. – L’avvocato chiamato a svolgere la funzione di arbitro è tenuto ad
improntare il proprio comportamento a probità e correttezza e a vigilare che il procedimento si
svolga con imparzialità e indipendenza.
I. L’avvocato non può assumere la funzioni di arbitro quando abbia in corso rapporti
professionali con una delle parti.
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II. L’avvocato non può accettare la nomina ad arbitro se una delle parti del procedimento sia
assistita da altro professionista di lui socio o con lui associato, ovvero che eserciti
negli stessi locali.
In ogni caso l’avvocato deve comunicare alle parti ogni circostanza di fatto e ogni
rapporto con i difensori che possano incidere sulla sua indipendenza, al fine di ottenere il
consenso delle parti stesse all’espletamento dell’incarico.
III. L’avvocato che sia stato richiesto di svolgere la funzione di arbitro deve dichiarare per
iscritto, nell’accettare l’incarico, l’inesistenza di ragioni ostative all’assunzione della veste
di arbitro o comunque di relazioni di tipo professionale, commerciale, economico,
familiare o personale con una delle parti. Diversamente, deve specificare dette ragioni
ostative, la natura e il tipo di tali relazioni e può accettare l’incarico solo se le parti non si
oppongano entro dieci giorni dal ricevimento della comunicazione.
IV. L’avvocato che viene designato arbitro deve comportarsi nel corso del procedimento in
modo da preservare la fiducia in lui riposta dalle parti e deve rimanere immune da
influenze e condizionamenti esterni di qualunque tipo. Egli inoltre:
- ha il dovere di mantenere la riservatezza sui fatti di cui venga a conoscenza in ragione
del procedimento arbitrale;
- non deve fornire notizie su questioni attinenti al procedimento;
- non deve rendere nota la decisione prima che questa sia formalmente comunicata a
tutte le parti.

ART. 56. - Rapporti con i terzi. – L’avvocato ha il dovere di rivolgersi con correttezza e con
rispetto nei confronti del personale ausiliario di giustizia, del proprio personale dipendente e di
tutte le persone in genere con cui venga in contatto nell’esercizio della professione.
I. Anche al di fuori dell’esercizio della professione l’avvocato ha il dovere di comportarsi,
nei rapporti interpersonali, in modo tale da non compromettere la fiducia che i terzi
debbono avere nella sua capacità di adempiere i doveri professionali e nella dignità
della professione.

ART. 57. - Elezioni forensi. – L’avvocato che partecipi, quale candidato o quale sostenitore di
candidati, ad elezioni ad organi rappresentativi dell’Avvocatura deve comportarsi con correttezza,
evitando forme di propaganda ed iniziative non consone alla dignità delle funzioni.
I. E’ vietata ogni forma di propaganda elettorale o di iniziativa nella sede di svolgimento delle
elezioni e durante le operazioni di voto.
II. Nelle sedi di svolgimento delle operazioni di voto è consentita la sola affissione delle liste
elettorali e di manifesti contenenti le regole di svolgimento delle operazioni di voto.

ART. 58. - La testimonianza dell’avvocato. – Per quanto possibile, l’avvocato deve
astenersi dal deporre come testimone su circostanze apprese nell’esercizio della propria
attività professionale e inerenti al mandato ricevuto.
I. L’avvocato non deve mai impegnare di fronte al giudice la propria parola sulla verità dei
fatti esposti in giudizio.
II. Qualora l’avvocato intenda presentarsi come testimone dovrà rinunciare al mandato e non
potrà riassumerlo.

ART. 59. - Obbligo di provvedere all’adempimento delle obbligazioni assunte nei
confronti dei terzi. – L’avvocato è tenuto a provvedere regolarmente all’adempimento delle
obbligazioni assunte nei confronti dei terzi.
I. L’inadempimento ad obbligazioni estranee all’esercizio della professione assume carattere
di illecito disciplinare, quando, per modalità o gravità, sia tale da compromettere la fiducia
dei terzi nella capacità dell’avvocato di rispettare i propri doveri professionali.
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TITOLO V
DISPOSIZIONE FINALE
ART. 60. - Norma di chiusura. – Le disposizioni specifiche di questo codice costituiscono
esemplificazioni dei comportamenti più ricorrenti e non limitano l’ambito di applicazione dei principi
generali espressi.

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