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Giurisprudenza sulla concorrenza sleale via Internet
In tema di registrazione di "domain name",
effettuata dalla RA italiana, la procedura operativa si regge su un mero
principio cronologico, quello del "first" come "first served". La RA svolge
infatti un controllo esclusivamente tecnico, cui è estraneo il giudizio di
corrispondenza con altri nomi commerciali anteriori. Di conseguenza, la regola
del first come non ha forza normativa, non può essere opposta ai terzi e non
comporta responsabilità per la RA, anche nell'ipotesi in cui il "domain name",
pur correttamente attribuito dal punto di vista tecnico, integri gli estremi
della lesione del diritto al nome, della concorrenza sleale o della legge sui
marchi.
Tribunale Napoli, 26 febbraio 2002,
in Arch. civ. 2002, 706
In ipotesi di
applicazione della disciplina di cui all'art. 2598 n. 3 c.c. per comportamento
anticoncorrenziale effettuato da una società straniera sulla rete
internet, la diffusibilità estrema di tale rete consente di ritenere
sussistente l'evento dannoso, consistente nell'ipotizzato sviamento di
clientela, nell'ambito del territorio italiano e dunque anche presso la sede
della società italiana danneggiata ove il paventato pregiudizio economico può
concretamente realizzarsi.
Tribunale Milano, 8 febbraio 2002, in Giur. milanese 2002, 252
La registrazione su
Internet come nome a dominio di un marchio protetto e l'uso di quest'ultimo
all'interno di "meta tags" o di pagine "web" da parte del non titolare per uno
scopo commerciale e promozionale integrano una condotta illecita che rientra
nella concorrenza sleale, di cui il "provider" deve rispondere come
corresponsabile, qualora esista già la conoscenza dell'abuso ed il "provider"
stesso non intervenga per eliminarlo.
Tribunale Napoli, 28 dicembre 2001, in Dir. informatica 2002, 94 nota (SAMMARCO)
La disciplina giuridica in materia di tutela del marchio, e nello specifico
l'istituto dell'inibitoria, trovano applicazione anche per regolare fattispecie
caratterizzate dalla presenza di domini internet che, a prescindere dalla
presenza di "domains names" famosi, stante la loro stretta somiglianza, sono
potenzialmente idonei ad ingenerare dubbi sulla provenienza del prodotto
offerto; I "domains names" infatti svolgono la duplice funzione di
pubblicizzazione dei prodotti e di identificazione dei medesimi. Pertanto,
allorquando domini simili possono determinare una confusione
sull'identificazione dei prodotti e sulla loro provenienza, risulta giustificata
la richiesta di inibitoria all'uso del dominio idoneo a suscitare confusione,
poiché in materia di concorrenza sleale, il "periculum in mora" è "in re ipsa",
in quanto insito nell'attività del fenomeno contraffattivo.
Tribunale Teramo, 25 luglio 2001, in PQM 2001, f. 3, 79
Nell'ipotesi in cui siano dedotti la violazione dei diritti di esclusiva su un
dominio Internet e i conseguenti atti di concorrenza sleale, la competenza
territoriale si determina in relazione al luogo dove si è verificato l'effetto
dannoso, o, in ultima analisi, alla sede del danneggiato.
Tribunale Verona, 22 giugno 2001, in Giust. civ. 2001, I,2792
Poiché il "link" ipertestuale è strumento di estensione della gamma di prodotti
offerti dal sito di partenza, che finisce con il comprendere mediatamente anche
prodotti pubblicizzati in siti diversi, si può, in sostanza, affermare che
possono ritenersi offerti in vendita su un sito internet tutti quei prodotti che
sono pubblicizzati su altri siti comunque raggiungibili da quello di partenza
mediante "links" ipertestuali. Con la conseguenza che non può valere ad
escludere un'ipotesi di lesione del diritto al marchio o una condotta di
concorrenza sleale il fatto che il sito di partenza contraffattore non offra
direttamente il servizio affine, ma consenta l'accesso al sito in cui vengono
offerti prodotti o servizi commercialmente identici o affini a quelli offerti
dal titolare del marchio.
Tribunale Monza, 14 maggio 2001, in Corriere giuridico 2001, 1625 nota (MEANI)
Costituisce atto di
concorrenza sleale l'uso nelle pagine web di "meta tags" - ossia quelle parole
chiave, codificate nel linguaggio di programmazione HTML e non immediatamente
visibili sulla pagina, web, che i motori di ricerca utilizzano per individuare
ed indicizzare i siti presenti sulla rete - corrispondenti al nome di impresa
concorrente, allo scopo di far comparire, tra i risultati della ricerca
dell'utente della rete, il proprio sito e dunque la propria presenza sul mercato
grazie alla notorietà raggiunta nel settore dall'impresa concorrente detentrice
di una rilevante quota di mercato.
Tribunale Roma, 18 gennaio 2001, in Dir. informatica 2001, 550 nota (SAMMARCO)
L'indebita
appropriazione del codice ("software") e delle immagini con le quali viene
costruita ed attivata l'"home page" di un sito (aggravata dalla circostanza di
avvenire, in tempo reale) costituisce ipotesi di concorrenza sleale, in quanto
sfrutta i benefici collegati alla notorietà dell'impresa altrui per ottenere un
profitto, che viene generata nell'utente - anche non inesperto, ma semplicemente
disattento - il quale è indotto a ritenere che il collegamento, effettuato
attraverso "link", ed avente una funzione di rimando a pagine commerciali, sia
stato apposto sull'"home page" del sito indebitamente riprodotto e non invece
sul sito che attua l'illecita riproduzione e che nulla ha a che fare con il
primo.
Tribunale Genova, 22 dicembre 2000, in Dir. informatica 2001, 529 nota
(D'ARRIGO)
Poiché, ai sensi
dell'art. 669 ter c.p.c., competente per il provvedimento cautelare "ante causam"
è il giudice che sarebbe competente a conoscere del merito, in caso di
provvedimento di urgenza richiesto per concorrenza sleale, il foro alternativo,
ai sensi dell'art. 20 c.p.c., deve individuarsi nel luogo in cui si sono
verificati gli atti lesivi oppure i conseguenti effetti sul mercato e dunque, in
caso di illecito compiuto via Internet, innanzitutto laddove si svolge
l'attività della società ricorrente.
Tribunale Messina, 6 novembre 2000, in Foro it. 2001, I,2032 nota (DI
CIOMMO)
L'utilizzazione di un
sito Internet con una denominazione uguale a quella di un imprenditore
concorrente è un atto di concorrenza sleale per confusione.
Tribunale Roma, 23 agosto 2000, in Gius 2000, 2646, Giur. romana 2000,
348
Sussiste ipotesi di
concorrenza sleale tra un produttore ed un distributore del medesimo tipo di
prodotto, ove l'uno registri e utilizzi su Internet il "dominio" corrispondente
al nome dell'altro, ingenerando nei consumatori l'impressione dell'esistenza di
uno stretto collegamento, in realtà insussistente.
Tribunale Crema, 28 luglio 2000, in Giur. merito 2002, 47
Il nome di sito Internet
(domain name) a seconda delle circostanze del caso può avere il valore d'un mero
indirizzo o numero di telefono informativo, ovvero di segno distintivo
tutelabile secondo la normativa sui marchi (nella specie, è stata ravvisata la
tutelabilità secondo la disciplina sui marchi per l'indebito vantaggio che una
delle imprese in lite poteva trarre dal dirottamento nella propria sfera
d'azione del pubblico attratto dalla denominazione di controparte e interessato
all'attività, pur affatto diversa, esercitata dalla controparte).
Tribunale Modena, 27 luglio 2000, in Giur. merito 2001, 328 nota
(CASSANO)
Configura un atto di
concorrenza sleale, ai sensi della legge a tutela dei marchi, l'appropriazione
di un sito internet con un nome di dominio uguale a quello di un'altra ditta
concorrente che svolge la propria attività in un medesimo settore merceologico
contiguo ma distinto. Inoltre, il fatto di chiedere all'autorità statunitense
competente la registrazione del sito internet e il relativo collegamento,
attraverso la rete telematica, non vale a far devolvere la giurisdizione su un
illecito di concorrenza sleale al giudice americano, se le imprese interessate
hanno sede in Italia e i presunti comportamenti sono stati posti in essere nel
territorio italiano.
Tribunale Lecco, 31 maggio 2000, in Giust. civ. 2001, I,1101 nota (SEBASTIO),
Gius 2001, 247
Costituisce concorrenza
sleale l'appropriazione, come nome di dominio, dell'altrui marchio di fatto
notorio, a prescindere dal preuso da parte del registrante di un analogo marchio
di fatto o notorietà puramente locale.
Tribunale Cagliari, 4 aprile 2000, in Disciplina commercio 2000, 1092
nota (PALAZZOLO)
Il provider che effettua
il collegamento in rete non è tenuto ad accertarsi del contenuto illecito delle
comunicazioni e dei messaggi che vengono immessi in un sito: tuttavia, sussiste
la sua responsabilità per colpa se il contenuto delle dette comunicazioni da
trasmettere appaia all'evidenza illecito; in questo caso, il provider, dando
corso al collegamento concorre nel fatto illecito in quanto dà un apporto
causale alla commissione dello stesso. Nella specie, il provider ha concorso
nell'illecito consistente in un atto di concorrenza sleale per non aver
rilevato, secondo l'ordinaria diligenza, l'uso di un noto acronimo da parte di
un soggetto non autorizzato.
Tribunale Roma, 22 marzo 1999, in Dir. informatica 2000, 66 nota (SAMMARCO),
Riv. dir. comm. 1999, II, 273 nota (VISCONTI)
Costituisce atto di
concorrenza sleale per contrarietà alla correttezza professionale
l'utilizzazione sistematica di articoli di un giornale economico compiuta al
fine di pubblicare sulla rete internet, in tempo reale, una rassegna stampa.
Tribunale Genova, 3 dicembre 1997, in Riv. dir. ind. 1999, II, 83 nota
(VALENTI)
Il proprietario di un
"sito" Internet ha obblighi precisi di vigilanza sul compimento di atti di
concorrenza sleale eventualmente perpetrati attraverso la pubblicazione di
messaggi pubblicitari. La colposa o dolosa inottemperanza a questi obblighi
comporta la sua corresponsabilità nell'illecito concorrenziale.
Tribunale Napoli, 8 agosto 1997, in Dir. e giur. 1997, 472 nota
(CATALANO)
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