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Causa
T170/04 - Tribunale di primo grado CE (quarta sez.)
Nella causa
T170/04,
Confederazione nazionale dei consorzi volontari per la tutela delle
denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini
italiani (FederDoc) , con sede in Roma,
Consorzio per la tutela dei vini Valpolicella , con sede in San Floriano,
Consorzio tutela denominazione Frascati Soc. consortile coop. rl , con sede in
Frascati,
Consorzio del vino Brunello di Montalcino , con sede in Montalcino,
Cantina cooperativa di Montefiascone Soc. coop. rl , con sede in Montefiascone,
Azienda Agricola Ruggiero Giuseppa «Masseria Felicia» Snc , con sede in Carano
di Sessa A.,
Michele Moio fu Luigi Srl, con sede in Mondragone,
Consorzio vino Chianti Classico, con sede in Radda in Chianti,
Consorzio tutela vini DOC Colli Piacentini , con sede in Piacenza,
Cantine grotta del sole Srl, con sede in Quarto,
Val Calore Soc. coop. rl, con sede in Castel San Lorenzo,
Consorzio tutela Morellino di Scansano , con sede in Scansano,
Consorzio tutela vini Gambellara DOC , con sede in Gambellara,
Consorzio tutela dei vini Soave e Recioto di Soave , con sede in Soave,
Azienda vitivinicola eredi Ing. Nicola Guglierame , con sede in Pornassio,
Cooperativa agricola di Riomaggiore, Manarola, Corniglia, Vernazza e Monterosso
, con sede in Riomaggiore,
Consorzio per la tutela dei vini di Valtellina , con sede in Sondrio,
Consorzio tutela vini DOC «Breganze», con sede in Breganze,
Consorzio volontario per la tutela del vino Marsala , con sede in Marsala,
Consorzio vini Valdichiana , con sede in Arezzo,
Consorzio del vino nobile di Montepulciano , con sede in Montepulciano,
rappresentati dagli avv.ti L. Spagnuolo Vigorita, P. Tanoni e R. Gandin,
ricorrenti,
contro
Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. M. Nolin e V. Di
Bucci, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,
convenuta,
avente ad oggetto una domanda di annullamento in toto o, in subordine, di
annullamento parziale del regolamento (CE) della Commissione 20
febbraio 2004, n. 316, recante modifica del regolamento (CE) n. 753/2002, che
fissa talune modalità di applicazione del regolamento (CE) n.
1493/1999 del Consiglio per quanto riguarda la designazione, la denominazione,
la presentazione e la protezione di taluni prodotti
vitivinicoli (GU L 55, pag. 16),
IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO
DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quarta Sezione),
composto dal sig. H. Legal, presidente, dal sig. P. Mengozzi e dalla sig.ra I.
WiszniewskaBiaecka, giudici,
cancelliere: sig. H. Jung
ha pronunciato la seguente
Ordinanza
Motivazione della sentenza
Contesto normativo
1. Le norme generali relative alla tutela ed all'utilizzazione delle menzioni
tradizionali che designano taluni vini sono stabilite dal
regolamento (CE) del Consiglio 17 maggio 1999, n. 1493, relativo
all'organizzazione comune del mercato vitivinicolo (GU L 179, pag. 1). Ai
termini delle disposizioni di cui all'allegato VII, sezione B.1, lett. b),
quinto trattino, dello stesso regolamento, l'etichettatura dei
prodotti ottenuti nella Comunità può essere completata, per quanto attiene ai
vini da tavola con indicazione geografica e ai vini di qualità
prodotti in una regione determinata (i «v.q.p.r.d.»), mediante menzioni
tradizionali complementari, secondo le modalità previste dallo Stato
membro produttore.
2. Le modalità d'applicazione del regolamento n. 1493/1999 e, segnatamente, le
norme applicabili alla tutela delle menzioni tradizionali, che
ricomprendono le menzioni tradizionali complementari, sono state stabilite dalla
Commissione con il regolamento (CE) 29 aprile 2002, n. 753,
che fissa talune modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 1493/1999 del
Consiglio per quanto riguarda la designazione, la
denominazione, la presentazione e la protezione di taluni prodotti vitivinicoli
(GU L 118, pag. 1).
3. In conformità dell'art. 23 del regolamento n. 753/2002, «l'espressione
menzione tradizionale complementare si utilizza tradizionalmente per
indicare i vini di cui [al titolo IV del regolamento medesimo] negli Stati
membri produttori; essa si riferisce in particolare ad un metodo di
produzione, di elaborazione o di invecchiamento oppure alla qualità, al colore o
al tipo di luogo o ad un evento connesso alla storia del vino
e che è definito nella legislazione degli Stati membri produttori allo scopo di
designare i vini in questione prodotti nel loro territorio».
4. Il regolamento n. 753/2002 conteneva, nell'allegato III, l'elenco delle
menzioni tradizionali di otto Stati membri produttori (Repubblica
federale di Germania, Repubblica d'Austria, Regno di Spagna, Repubblica
francese, Repubblica ellenica, Repubblica italiana, Granducato di
Lussemburgo e Repubblica portoghese) che erano riconosciute e protette. Tale
elenco si articolava in due parti, la sezione A e la sezione B.
La sezione A contemplava, quanto alla Repubblica italiana, 43 menzioni
tradizionali nella categoria v.q.p.r.d. La sezione B conteneva, quanto
alla Repubblica italiana, le 17 menzioni tradizionali indicate dai ricorrenti e
destinate ad applicarsi alla categoria v.q.p.r.d., vale a
dire: Amarone, Cannellino, Brunello, Est ! Est !! Est !!!, Falerno, Governo
all'uso toscano, Gutturnio, Lacryma Christi, Lambiccato,
Morellino, Recioto, Sciacchetrà (o Sciactrà), Sforzato o Sfurzat, Torcolato,
Vergine, Vino Nobile, Vin Santo. Tale elenco poteva essere
completato o modificato a seguito di comunicazioni che gli Stati membri
trasmettevano alla Commissione a norma dell'art. 24, n. 7, del
regolamento n. 753/2002.
5. Ai sensi dell'art. 24, n. 2, del regolamento n. 753/2002, le menzioni
tradizionali di cui all'allegato III sono riservate ai vini ai quali
esse si riferiscono e sono tutelate:
«a) contro qualsiasi usurpazione, imitazione o evocazione, anche se la menzione
protetta è accompagnata da espressioni quali genere, tipo,
metodo, imitazione, marchio o altre menzioni analoghe;
b) contro qualsiasi altra indicazione abusiva, falsa o ingannevole relativa alla
natura o alle qualità essenziali del vino usata sulla
confezione o sull'imballaggio, nella pubblicità o sui documenti relativi al
prodotto di cui trattasi;
c) contro qualsiasi altra prassi che possa indurre in errore il pubblico e in
particolare che lasci supporre che il vino fruisca della
menzione tradizionale protetta».
6. L'art. 24, n. 3, del regolamento medesimo vieta, ai fini della designazione
di un vino, l'utilizzazione sull'etichettatura di marchi
contenenti una delle menzioni tradizionali riportate nell'allegato III. Una
deroga è tuttavia prevista al secondo comma dello stesso n. 3,
riguardo all'ipotesi particolare in cui i marchi di cui trattasi siano stati
legittimamente registrati nella Comunità anteriormente alla data
di pubblicazione del regolamento n. 753/2002 ed effettivamente utilizzati in
buona fede sin dalla loro registrazione.
7. Il successivo art. 24, n. 4, terzo comma, prevede che ogni menzione
tradizionale di cui all'allegato III sia legata ad una o a più
categorie di vini, tra le quali i v.q.p.r.d, precisando al tempo stesso che,
qualora i v.q.p.r.d. non siano già ricompresi in un'altra
categoria di vini, la tutela della menzione tradizionale si applica solamente
alla designazione di vini diversi dai vini liquorosi, i vini
spumanti e i vini spumanti gassificati nonché i vini frizzanti e i vini
frizzanti gassificati.
8. Le disposizioni di cui ai nn. 5 e 6 del medesimo art. 24 indicavano
rispettivamente i requisiti cui le menzioni tradizionali dovevano
rispondere per poter figurare nella sezione A e nella sezione B dell'allegato
III.
9. Per poter figurare nella sezione A dell'allegato III, le menzioni
tradizionali dovevano, conformemente ai requisiti indicati all'art. 24,
n. 5, nel testo precedente la novella di cui al regolamento (CE) della
Commissione 20 febbraio 2004, n. 316, recante modifica del regolamento
n. 753/2002 (GU L 55, pag. 16; in prosieguo: il «regolamento impugnato»):
«a) essere specifiche di per sé e precisamente definite nella legislazione dello
Stato membro;
b) essere sufficientemente distintive e/o godere di una solida reputazione
nell'ambito del mercato comunitario;
c) essere state utilizzate tradizionalmente per almeno 10 anni nello Stato
membro in questione;
d) essere associate a uno o, eventualmente, a più vini o categorie di vini
comunitari».
10. Per poter figurare nella sezione B del medesimo allegato III, le menzioni
tradizionali, conformemente all'art. 24, n. 6, del regolamento
n. 753/2002, nel testo precedente la novella di cui al regolamento impugnato,
dovevano non solo rispondere ai requisiti indicati al n. 5,
sopra menzionati, ma essere parimenti «associate a un vino recante
un'indicazione geografica e servire a identificare questo vino come
originario di detta regione o località del territorio comunitario qualora la
reputazione, una qualità o un'altra caratteristica determinata
del vino, espressa dalla menzione tradizionale in causa, [potesse] essere
attribuita essenzialmente a tale origine geografica».
11. Al n. 8 del medesimo art. 24 erano indicati i requisiti necessari e la
procedura da seguire affinché i produttori di paesi terzi potessero
contraddistinguere i loro prodotti utilizzando menzioni tradizionali ricomprese
nell'allegato III, sezione A.
12. Il regolamento impugnato ha apportato modifiche al regolamento n. 753/2002
al fine di prendere in considerazione le riserve che
quest'ultimo aveva suscitato presso taluni paesi terzi produttori di vini. In
particolare, con tali modifiche si è voluto rispondere alla
richiesta di tali paesi, formulata nell'ambito dell'attuazione di taluni accordi
conclusi in seno all'Organizzazione mondiale del commercio,
di consentire loro l'utilizzazione di talune menzioni tradizionali.
13. L'art. 1, punto 4, del regolamento impugnato ha modificato l'art. 24 del
regolamento n. 753/2002, sostituendo la frase introduttiva del n.
5 ed eliminando i nn. 6 e 8. Tali modifiche implicano il venir meno della
distinzione tra la sezione A e la sezione B dell'allegato III. I
requisiti che disciplinano l'inserimento di una menzione tradizionale di uno
Stato membro nell'allegato III sono, ormai, quelli che si
applicavano in precedenza all'inserimento nella sezione A, laddove la disciplina
relativa ai vini dei paesi terzi è stata trasferita all'art.
37, n. 1, del regolamento n. 753/2002, modificato dall'art. 1, punto 10, del
regolamento impugnato.
14. Il nuovo art. 37, n. 1, lett. e), del regolamento n. 753/2002 autorizza
l'utilizzazione, da parte dei produttori di vini dei paesi terzi,
delle menzioni tradizionali complementari il cui elenco attuale integra le
menzioni precedentemente contenute nella sezione A e nella sezione
B dell'allegato III. Il testo risultante da tali modifiche così recita:
«1. In applicazione dell'allegato VII, sezione B.2, del regolamento (CE) n.
1493/1999, l'etichettatura dei vini originari dei paesi terzi
(esclusi i vini spumanti, i vini spumanti gassificati e i vini frizzanti
gassificati, ma compresi i vini ottenuti da uve stramature) e dei
mosti di uve parzialmente fermentati destinati al consumo umano diretto,
elaborati nei paesi terzi che recano il nome di un'indicazione
geografica conformemente all'articolo 36, può essere completata dalle
indicazioni seguenti:
(...)
e) per quanto riguarda i vini dei paesi terzi e i mosti di uve parzialmente
fermentati destinati al consumo umano diretto dei paesi terzi,
menzioni tradizionali complementari:
i) diverse da quelle figuranti nell'allegato III, conformemente alle norme
applicabili ai produttori di vino del paese terzo di cui trattasi,
comprese quelle stabilite da organizzazioni professionali rappresentative e
ii) figuranti nell'allegato III, purché le condizioni d'impiego siano conformi
alle norme applicabili ai produttori di vino del paese terzo di
cui trattasi, comprese quelle stabilite da organizzazioni professionali
rappresentative, e a condizione che:
- tali paesi abbiano presentato alla Commissione una domanda motivata e
trasmesso gli elementi che permettono di giustificare il
riconoscimento delle menzioni tradizionali,
- le menzioni siano specifiche di per sé,
- le menzioni siano sufficientemente distintive e/o godano di una solida
reputazione all'interno del paese terzo,
- le menzioni siano state utilizzate tradizionalmente per almeno dieci anni nel
paese terzo,
- le menzioni siano associate a uno o, eventualmente, a più categorie di vini
del paese terzo,
- le prescrizioni stabilite dal paese terzo non siano di natura tale da indurre
i consumatori in errore circa la menzione di cui trattasi.
Inoltre, alcune menzioni tradizionali figuranti nell'allegato III possono essere
utilizzate nell'etichettatura dei vini che recano
un'indicazione geografica e sono originari dei paesi terzi nella lingua del
paese terzo di origine oppure in un'altra lingua, se
l'utilizzazione di una lingua diversa dalla lingua ufficiale del paese è
considerata tradizionale per quanto concerne una menzione
tradizionale, se l'utilizzazione di tale lingua è prevista dalla legislazione
del paese e se tale lingua è utilizzata per questa menzione
tradizionale ininterrottamente da almeno venticinque anni.
Si applica, mutatis mutandis, il disposto dell'articolo 23 e dell'articolo 24,
paragrafi 2, 3, 4, secondo comma, e paragrafo 6, lettera c).
Per ciascuna menzione tradizionale di cui al punto ii), i paesi terzi
interessati sono indicati nell'allegato III;
(...)».
Procedimento e conclusioni delle parti
15. Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale in data
18 maggio 2004 i ricorrenti hanno proposto il presente
ricorso.
16. I ricorrenti, complessivamente 21, sono i seguenti:
- la FederDOC (Confederazione nazionale dei consorzi volontari per la tutela
delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche
tipiche dei vini italiani), associazione di diritto privato che riunisce in
confederazione i consorzi volontari dei produttori italiani di
vini e che, ai termini del suo statuto, si propone, segnatamente, di fornire
ogni forma di sostegno ai consorzi medesimi e di agire ai fini
della tutela giuridica delle denominazioni italiane a livello sia nazionale che
internazionale;
- sette produttori italiani che producono e commercializzano un v.q.p.r.d. che
gode di una delle 17 menzioni trad izionali complementari già
previste nella sezione B dell'allegato III del regolamento n. 753/2002 (in
prosieguo: i «produttori italiani»);
- tredici consorzi volontari che si propongono di valorizzare, presso il
pubblico ed i consumatori, i v.q.p.r.d. italiani, assicurando la
promozione della loro denominazione, in modo da contraddistinguerli rispetto
agli altri vini concorrenti sul mercato. Tali consorzi (in
prosieguo: i «consorzi volontari») devono parimenti garantire la tutela, ivi
compresa quella giurisdizionale, della denominazione per la quale
ognuno di essi è stato costituito, ai sensi della legge italiana 10 febbraio
1992, n. 164, relativa al regime delle denominazioni dei vini.
17. Con separato atto, depositato presso la cancelleria del Tribunale in data 28
luglio 2004, la Commissione ha sollevato eccezione di
irricevibilità ai sensi dell'art. 114 del regolamento di procedura del
Tribunale.
18. I ricorrenti hanno depositato le proprie osservazioni in merito a tale
eccezione il 24 settembre 2004.
19. Nel ricorso i ricorrenti concludono che il Tribunale voglia:
- annullare il regolamento impugnato in toto ovvero, in subordine, annullarne
l'art. 1, punto 3, punto 8, lett. a), punti 9, 10 e 18;
- condannare la Commissione alle spese.
20. Nell'eccezione di irricevibilità la Commissione conclude che il Tribunale
voglia:
- dichiarare il ricorso irricevibile;
- condannare i ricorrenti alle spese.
21. Nelle osservazioni in merito all'eccezione di irricevibilità i ricorrenti
concludono che il Tribunale voglia:
- respingere l'eccezione di irricevibilità e disporre il proseguimento del
procedimento;
- in subordine, decidere sull'eccezione di irricevibilità unitamente al merito e
disporre il proseguimento del procedimento.
In diritto
22. Ai sensi dell'art. 114, n. 1, del regolamento di procedura, su richiesta di
una parte, il Tribunale può statuire sull'irricevibilità senza
impegnare la discussione nel merito. Ai sensi del n. 3 del medesimo articolo,
salvo contraria decisione del Tribunale, il procedimento
prosegue oralmente. Il Tribunale ritiene, nella specie, di essere
sufficientemente edotto dall'esame degli atti del fascicolo e che non
occorra aprire la fase orale.
Argomenti delle parti
23. La Commissione sostiene che il ricorso è irricevibile, atteso che i
ricorrenti non sono individualmente interessati dal regolamento
impugnato.
24. Infatti, i produttori italiani non potrebbero invocare qualità personali o
circostanze particolari idonee a distinguerli da qualsiasi
altro soggetto.
25. Parimenti, i consorzi volontari non sarebbero legittimati a proporre ricorso
di annullamento, atteso che nessuno dei loro membri
presenterebbe un interesse individuale a contestare il regolamento impugnato.
26. Infine, la FederDOC, quale confederazione di consorzi volontari, sarebbe
parimenti priva di legittimazione attiva per gli stessi motivi
per i quali lo sarebbero i suoi membri.
27. I ricorrenti ritengono che il ricorso sia ricevibile. L'eliminazione della
distinzione tra le sezioni A e B dell'allegato III del
regolamento n. 753/2002 pregiudicherebbe gli interessi dei produttori italiani,
in quanto verrebbe in tal modo meno la possibilità di impedire
a produttori di paesi terzi di commercializzare vini all'interno della Comunità
utilizzando una delle menzioni di cui trattasi.
28. Inoltre, le circostanze della specie sarebbero sostanzialmente analoghe a
quelle della causa da cui è scaturita la sentenza della Corte 18
maggio 1994, causa C309/89, Codorniu/Consiglio (Racc. pag. I1853). Infatti, i
produttori italiani produrrebbero e commercializzerebbero un
vino che gode di una delle 17 menzioni tradizionali complementari di cui
trattasi, le quali costituirebbero segni distintivi, assimilabili a
marchi collettivi da cui scaturirebbe un diritto esclusivo, ancorché condiviso
tra i produttori autorizzati ad avvalersene.
29. Dal canto loro, i consorzi volontari si prefigurerebbero di organizzare e di
coordinare le attività di categorie di soggetti interessati
dalla produzione e dalla commercializzazione di ogni singola denominazione e di
garantire la tutela di una più denominazioni per la quale o
per le quali essi sono stati specificamente costituiti. Il loro ricorso sarebbe
ricevibile, atteso che tali consorzi rappresentano gli
interessi di imprese individualmente interessate e che una disposizione di legge
riconosce loro espressamente una serie di facoltà di
carattere procedurale.
30. Quanto alla FederDOC, dal suo statuto risulterebbe che la detta associazione
si prefigge di agire ai fini della tutela giuridica, sul
piano sia nazionale che internazionale, delle denominazioni italiane e che essa
è individualmente interessata allo stesso titolo dei consorzi
volontari.
31. I ricorrenti sostengono, peraltro, la necessità di adottare
un'interpretazione dell'art. 230, quarto comma, CE più ampia di quella accolta
a seguito della sentenza della Corte 15 luglio 1963, causa 25/62, Plauman/Commissione
(Racc. pag. 195) e di interpretare l'art. 230, quarto
comma, CE conformemente al principio di una tutela giurisdizionale effettiva.
Inoltre, i ricorrenti si richiamano al progetto definitivo del
Trattato che istituisce una Costituzione per l'Europa, sottoscritto a Roma il 29
ottobre 2004 (GU C 310, pag. 1), che prevede la modifica
dell'art. 230, quarto comma, CE, eliminando l'obbligo di dimostrare la lesione
di un interesse individuale per quanto attiene ai ricorsi
proposti contro i regolamenti che non necessitano di misure di esecuzione.
Giudizio del Tribunale
32. Ai termini dell'art. 230, quarto comma, CE, «qualsiasi persona fisica o
giuridica può proporre (...) un ricorso (...) contro le decisioni
che, pur apparendo come un regolamento (...), la riguardano direttamente e
individualmente».
Sulla natura delle disposizioni impugnate
33. Secondo costante giurisprudenza, il criterio distintivo tra una decisione e
un regolamento va ricercato nella portata generale o meno
dell'atto di cui trattasi (sentenza della Corte 14 dicembre 1962, cause riunite
16/62 e 17/62, Confédération nationale des producteurs de
fruits e légumes e a./Consiglio CEE, Racc. pag. 877, in particolare pag. 893), e
sentenza del Tribunale 3 febbraio 2005, causa T139/01,
Comafrica e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione, non ancora pubblicata nella
Raccolta, punto 87). Un atto possiede portata generale quando si
applica a situazioni determinate oggettivamente e spiega effetti giuridici nei
confronti di categorie di persone considerate in modo astratto
(sentenza Comafrica e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione, citata supra, punto
87; v., parimenti, in tal senso, sentenza della Corte 21
novembre 1989, causa C244/88, Usines coopératives de déshydratation du Vexin e
a./Commissione, Racc. pag. 3811, punto 13).
34. Nella specie, il regolamento impugnato, più in particolare le disposizioni
di cui i ricorrenti chiedono l'annullamento in via subordinata,
implica un affievolimento del livello di tutela di cui beneficiavano le 17
menzioni tradizionali complementari previste inizialmente nella
sezione B dell'allegato III. Infatti, a termini dell'art. 24, n. 6, del
regolamento n. 753/2002, per poter figurare nella sezione B, tali
menzioni tradizionali dovevano non solo rispettare i requisiti previsti
dall'art. 24, n. 5, richiamati supra al punto 8, bensì parimenti
«essere associate a un vino recante un'indicazione geografica e servire a
identificare questo vino come originario di detta regione o località
del territorio comunitario qualora la reputazione, una qualità o un'altra
caratteristica determinata del vino, espressa dalla menzione
tradizionale in causa, [potesse] essere attribuita essenzialmente a tale origine
geografica». Le menzioni contenute nella sezione B potevano
essere quindi utilizzate unicamente per vini originari di regioni o di località
specifiche del territorio della Comunità e i produttori
autorizzati erano legittimati ad opporsi alla commercializzazione nella Comunità
di vini originari di paesi terzi recanti tali menzioni
tradizionali. A seguito delle modifiche apportate al regolamento n. 753/2002 dal
regolamento impugnato, in particolare dall'art. 1, punto 4,
del medesimo, le menzioni tradizionali complementari precedentemente contenute
nella sezione B dell'allegato III possono essere ormai
utilizzate - una volta soddisfatti gli specifici requisiti di cui al regolamento
n. 753/2002, come modificato - dai produttori di vini di
paesi terzi.
35. Tuttavia, i ricorrenti non sono gli unici soggetti interessati dalle
modifiche apportate dal regolamento impugnato, il quale si applica
parimenti a tutti gli altri produttori di vino italiani - attuali e potenziali -
legalmente autorizzati ad utilizzare le menzioni tradizionali
italiane. Inoltre, considerato che si tratta di un atto la cui applicazione non
è limitata né al territorio italiano né nel tempo, esso non
riguarda unicamente i produttori italiani, bensì produce parimenti effetti
giuridici nei confronti di un numero indeterminato di produttori di
altri Stati membri che utilizzano attualmente e che utilizzeranno in futuro
menzioni inizialmente contenute nella sezione B dell'allegato III.
Orbene, tale elenco conteneva, oltre alle 17 menzioni italiane, menzioni
utilizzate per vini prodotti in Germania, Austria, Spagna, Francia,
Grecia e Portogallo.
36. Il regolamento impugnato costituisce, in tal modo, una misura di portata
generale ai sensi dell'art. 249, secondo comma, CE, e, quindi,
una misura di natura normativa. Esso si applica a situazioni definite
oggettivamente e produce effetti giuridici per categorie di operatori
economici che rispondono a taluni requisiti determinati in modo generale e
astratto (v., in tal senso, ordinanze della Corte 26 ottobre 2000,
causa C447/98 P, Molkerei Großbraunshain e Bene Nahrungsmittel/Commissione,
Racc. pag. I9097, punto 67, e del Tribunale 6 luglio 2004, causa
T370/02, AlpenhainCamembertWerk e a./Commissione, non ancora pubblicata nella
Raccolta, punto 55, e la giurisprudenza ivi richiamata). Tale
portata generale risulta d'altronde dall'oggetto della normativa di cui
trattasi, consistente nello specificare le norme relative
all'utilizzazione delle menzioni tradizionali e alla loro tutela in tutta la
Comunità europea.
37. Tale rilievo non è inficiato dalle deduzioni dei ricorrenti secondo cui le
disposizioni del regolamento impugnato perderebbero il loro
carattere generale ed astratto a fronte del fatto che taluni criteri che
consentono di riconoscere l'esistenza di una menzione tradizionale
lasciano spazio ad una valutazione discrezionale e del fatto che l'utilizzazione
di una menzione viene concessa ai vini di paesi terzi
solamente a seguito dell'inserimento del nome del paese terzo nell'allegato III.
Infatti, come già precedentemente osservato, tali
disposizioni riguardano parimenti altri produttori che utilizzano attualmente e
che utilizzeranno in futuro menzioni tradizionali
complementari.
Sulla legittimazione attiva dei ricorrenti
38. Secondo la giurisprudenza, non è escluso che una disposizione che possieda,
per sua natura e portata, un carattere normativo, in quanto si
applica alla generalità degli operatori economici interessati, possa concernere
individualmente alcuni di loro. Ciò si verifica se l'atto di
cui trattasi riguarda una persona fisica o giuridica a causa di determinate loro
peculiari qualità, o di una circostanza di fatto che le
distingue da chiunque altro e le identifica in modo analogo al destinatario di
una decisione (v., in tal senso, sentenze della Corte
Codorniu/Consiglio, citata supra, punti 19 e 20, e 25 luglio 2002, causa C50/00
P, Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio, Racc. pag. I6677,
punto 36, e la giurisprudenza ivi richiamata).
39. Occorre quindi esaminare, in successione, se i produttori italiani, i
consorzi volontari e la FederDOC abbiano dimostrato la sussistenza
di una situazione di tal genere.
- Sull'interesse individuale dei produttori italiani
40. Nella specie, i produttori italiani sostengono che l'eliminazione della
distinzione tra le sezioni A e B dell'allegato III del regolamento
n. 753/2002 ha determinato un affievolimento del livello di tutela di cui
beneficiavano le 17 menzioni tradizionali complementari relative
all'Italia - di cui alla sezione B dell'allegato III - che essi soli potevano
utilizzare all'interno della Comunità, ledendo in tal modo i
loro interessi. Tuttavia, tale situazione non consente di ritenere che i
produttori italiani siano individualizzati in modo analogo a quello
in cui lo sarebbe il destinatario di una decisione. Infatti, l'eliminazione di
tale distinzione incide sui produttori italiani nello stesso
modo che su tutti gli altri produttori comunitari i cui vini potrebbero recare
menzioni precedentemente previste nella sezione B dell'allegato
III.
41. Si deve parimenti rilevare che il fatto che un regolamento influisca sulla
situazione giuridica di un singolo non è sufficiente per
distinguere quest'ultimo dalla generalità (ordinanza del Tribunale 2 aprile
2004, causa T231/02, Gonnelli e AIFO/Commissione, non ancora
pubblicata nella Raccolta, punto 38).
42. Nella specie, l'esistenza di una tutela giuridica per menzioni tradizionali
determinate e tassativamente elencate non è idonea a
distinguere i produttori italiani dagli altri produttori di v.q.p.r.d. della
Comunità recanti menzioni tradizionali complementari. Questi
ultimi, trovandosi nella stessa situazione dei produttori italiani, possono
invocare a loro beneficio la stessa tutela riguardo alle loro
menzioni tradizionali e subiscono lo stesso affievolimento della tutela delle
loro menzioni tradizionali precedentemente contenute nella
sezione B dell'allegato III del regolamento n. 753/2002.
43. Parimenti, anche se le misure previste dal regolamento impugnato possono
provocare conseguenze economiche rilevanti per i ricorrenti,
resta il fatto che conseguenze analoghe ne derivano per gli altri produttori di
v.q.p.r.d. della Comunità (v., in tal senso, sentenza della
Corte 10 aprile 2003, causa C142/00 P, Commissione/Nederlandse Antillen, Racc.
pag. I3483, punto 77, e ordinanza Gonnelli e AIFO/Commissione,
citata supra, punto 45). Pertanto, gli effetti ritenuti dai ricorrenti
pregiudizievoli per i produttori italiani non valgono a distinguerli
dagli altri operatori economici interessati.
44. In ogni caso, non è sufficiente che taluni operatori siano economicamente
colpiti da un atto in misura maggiore dei loro concorrenti
perché siano individualmente interessati dall'atto medesimo (ordinanze del
Tribunale 15 settembre 1999, causa T11/99, Van Parys e
a./Commissione, Racc. pag. II2653, punto 50, e 10 dicembre 2004, causa T196/03,
EFfCI/Parlamento e Consiglio, non ancora pubblicata nella
Raccolta, punto 47).
45. Inoltre, non può nemmeno ritenersi che i produttori italiani, godendo di
diritti esclusivi, siano individualmente interessati ai sensi
della menzionata sentenza Codorniu/Consiglio.
46. In questa causa, una disposizione di portata generale impediva al ricorrente
di utilizzare il marchio figurativo che questi aveva
registrato e utilizzato tradizionalmente per un lungo periodo anteriormente
all'emanazione del regolamento di cui trattavasi nella specie,
ragion per cui la posizione del ricorrente risultava evidenziata rispetto a
quella di tutti gli altri operatori economici. È pur vero che il
diritto ad utilizzare menzioni tradizionali presenta, quanto al suo contenuto,
elementi comuni con il diritto derivante dalla registrazione di
un marchio collettivo. Tuttavia, tale somiglianza non è sufficiente a concludere
che la situazione dei produttori italiani è identica o
analoga a quella del ricorrente nella causa da cui è scaturita la menzionata
sentenza Codorniu/Consiglio. Infatti, tenuto conto del diritto
esclusivo risultante dalla registrazione di un marchio, il ricorrente di cui
alla menzionata causa si è venuto a trovare, a seguito
dell'emanazione del regolamento de quo, da solo in una situazione del tutto
distinta rispetto a tutti gli altri operatori economici.
47. Tale ipotesi non ricorre nella specie. A differenza del regolamento
impugnato oggetto della sentenza Codorniu/Consiglio, citata supra, il
regolamento impugnato nella specie non individualizza un solo soggetto, bensì
produce parimenti effetti giuridici nei confronti di tutti i
produttori - attuali e potenziali - di vino legalmente autorizzati a utilizzare
le 17 menzioni tradizionali italiane nonché nei confronti di
tutti gli altri produttori di altri Stati membri che utilizzano attualmente e
che utilizzeranno in futuro menzioni inizialmente contenute
nella sezione B dell'allegato III. Conseguentemente, la situazione dei
produttori italiani, ricorrenti nella specie, non è eccezionale come lo
era invece la situazione del ricorrente nella causa da cui è scaturita la
menzionata sentenza Codorniu/Consiglio.
48. Ne consegue che il regolamento impugnato riguarda i produttori italiani
solamente nella loro qualità oggettiva di produttori di v.q.p.r.d.
Pertanto, non avendo dimostrato la sussistenza di un interesse individuale, i
produttori italiani non sono legittimati a contestare il
regolamento impugnato.
- Sull'interesse individuale dei consorzi volontari
49. Secondo la giurisprudenza, i ricorsi proposti da associazioni sono
ricevibili in tre ipotesi: quando esse rappresentino gli interessi di
imprese che, a loro volta, siano legittimate ad agire, o quando l'associazione
sia individualizzata per il pregiudizio arrecato ai propri
interessi in quanto associazione, in particolare se la sua posizione di
negoziatrice è stata pregiudicata dall'atto di cui è richiesto
l'annullamento, o, ancora, quando una disposizione di natura normativa riconosca
espressamente alle associazioni una serie di facoltà di
carattere procedurale (ordinanze del Tribunale 30 settembr e 1997, causa
T122/96, Federolio/Commissione, Racc. pag. II1559, punto 61, e
EFfCI/Parlamento e Consiglio, citata supra, punto 42).
50. Per quanto attiene, anzitutto, alla prima ipotesi, si deve rammentare che,
secondo la giurisprudenza, un'associazione costituita per
promuovere gli interessi collettivi di una categoria di soggetti non può essere
considerata individualmente interessata da un atto che leda
gli interessi generali di questa categoria di soggetti allorché questi ultimi
non sono lesi a titolo individuale (v., in tal senso, ordinanze
Gonnelli e AIFO/Commissione, citata supra, punto 48, e EFfCI/Parlamento e
Consiglio, citata supra, punto 43). Nella specie, dalle suesposte
considerazioni emerge che i membri dei consorzi volontari non hanno dimostrato
di essere lesi dal regolamento impugnato a causa di determinate
loro qualità peculiari o di una circostanza di fatto che li distingua da
chiunque altro.
51. Per quanto attiene, poi, alla seconda ipotesi, se è pur vero che la
sussistenza di circostanze particolari, quali il ruolo svolto da
un'associazione nell'ambito di un procedimento dal quale sia scaturito un atto
ai sensi dell'art. 230 CE, può giustificare la ricevibilità di
un ricorso proposto da un'associazione i cui membri non siano individualmente
interessati dall'atto contestato, segnatamente quando la sua
posizione di negoziatrice sia stata pregiudicata dall'atto medesimo (ordinanza
EFfCI/Parlamento e Consiglio, citata supra, punto 42; v.
parimenti, in tal senso, sentenza della Corte 2 febbraio 1988, cause riunite
67/85, 68/85 e 70/85, Van der Kooy e a./Commissione, Racc. pag.
219, punti 2124), dagli atti di causa non emerge - né i ricorrenti hanno
d'altronde sostenuto - che tale ipotesi ricorra nella specie.
52. Per quanto attiene, infine, alla terza ipotesi, i consorzi volontari non
possono nemmeno essere individualmente interessati dal
regolamento impugnato in considerazione di una disposizione di natura normativa
che riconosca loro una serie di facoltà di carattere
procedurale. In primo luogo, si deve osservare che il regolamento impugnato è
stato emanato dalla Commissione senza che i consorzi volontari
siano intervenuti in tale procedimento. In secondo luogo, i consorzi volontari
non rivendicano alcun diritto di natura procedurale che sarebbe
stato loro riconosciuto dall'organizzazione comune dei mercati nel settore dei
prodotti vitivinicoli o da qualsiasi altra normativa
comunitaria, contrariamente a quanto postulato dalla giurisprudenza menzionata
supra al punto 49. Infine, essi non possono invocare, a tale
riguardo, gli specifici compiti e funzioni che sarebbero loro riconosciuti dal
proprio ordinamento giuridico interno per giustificare una
modificazione del sistema di rimedi giuridici previsto dall'art. 230 CE e
diretto ad affidare al giudice comunitario il controllo sulla
legittimità degli atti delle istituzioni; una soluzione diversa farebbe
dipendere la ricevibilità di un ricorso di annullamento da un'autonoma
decisione delle autorità nazionali basata sull'interesse dello Stato membro
interessato anziché sull'interesse pubblico comunitario (v., in
tal senso, ordinanza Federolio/Commissione, citata supra, punto 64).
53. Alla luce delle suesposte considerazioni, i consorzi volontari non possono
essere considerati individualmente interessati dal regolamento
impugnato.
- Sull'interesse individuale della FederDOC
54. Le osservazioni relative alla legittimazione ad agire dei consorzi volontari
valgono parimenti per quanto riguarda la ricevibilità del
ricorso proposto dalla FederDOC, in quanto quest'ultima è una federazione di
consorzi volontari. Nemmeno la FederDOC ha svolto un ruolo
particolare nell'ambito del procedimento di adozione del regolamento impugnato,
essendo irrilevanti al riguardo le disposizioni specifiche del
suo statuto. Conseguentemente, la FederDOC, al pari di tutti gli altri
ricorrenti, non può essere considerata individualmente interessata ai
sensi della costante giurisprudenza della Corte e del Tribunale.
Conclusione
55. Dalle considerazioni che precedono emerge che nessun ricorrente ha
dimostrato di essere individualmente interessato dal regolamento
impugnato né dalle disposizioni specifiche di cui, in subordine, viene chiesto
l'annullamento.
56. Gli argomenti dei ricorrenti relativi alla necessità di un'interpretazione
più ampia dell'art. 230, quarto comma, CE e all'esigenza di una
tutela giurisdizionale effettiva non possono rimettere in discussione tale
conclusione. Da un lato, la Corte ha confermato la propria costante
giurisprudenza in tema di interpretazione dell'art. 230, quarto comma, CE nella
propria sentenza 1° aprile 2004, causa C263/02 P,
Commissione/Jégo-Quéré (non ancora pubblicata nella Raccolta), nonché nella
sentenza Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio, citata supra.
Dall'altro, se è pur vero che il requisito dell'interesse individuale postulato
dall'art. 230, quarto comma, CE deve essere interpretato alla
luce del principio di una tutela giurisdizionale effettiva tenendo conto delle
diverse circostanze atte a individualizzare un ricorrente, tale
interpretazione non può condurre a escludere il requisito di cui trattasi (v.
sentenza Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio, citata supra,
punto 44).
57. Infine, dev'essere dichiarato inoperante l'argomento dei ricorrenti relativo
all'art. III365, n. 4, del progetto di Trattato che
istituisce una Costituzione per l'Europa, atteso che tale testo normativo non è,
allo stato, in vigore.
58. Dall'insieme delle considerazioni che precedono emerge che i ricorrenti non
possono essere considerati individualmente interessati dal
regolamento impugnato ai sensi dell'art. 230, quarto comma, CE e che,
conseguentemente, il ricorso dev'essere dichiarato irricevibile in toto.
Sulle spese
59. Ai termini dell'art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte
soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. I
ricorrenti, essendo rimasti soccombenti, devono essere condannati alle spese,
come richiesto dalla Commissione.
Dispositivo
Per questi motivi,
IL TRIBUNALE (Quarta Sezione)
così provvede:
1) Il ricorso è irricevibile.
2) I ricorrenti sopporteranno le proprie spese nonché quelle sostenute dalla
Commissione.
Lussemburgo, 28 giugno 2005

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